Luigi Dallapiccola (1904-1975), il più profondo compositore italiano del Novecento, ha lasciato un esempio, tuttora non metabolizzato appieno, luminoso per tensione creativa e rigore morale. La sua musica, cui fanno da corollario alcuni acutissimi saggi critici, non ha avuto negli ultimi decenni lattenzione meritata, vuoi per lessersi lui sempre tenuto fuori da schieramenti estetico-politici, vuoi per la scarsa corrispondenza della sua poetica ai dettami delle lobbies che hanno dettato la legge in Italia nel secondo dopoguerra.
Il suo linguaggio, personalissimo ed unico a partire dai primi anni 40, sintetizza il costruttivismo del sistema dodecafonico adottato (in tutti i lavori dalla Liriche greche in poi tranne che in tre casi) in maniera diversa rispetto al modello di Webern, suo più consono riferimento nellambito della scuola viennese - con leredità spirituale della grande musica italiana medievale e rinascimentale e con un gusto timbrico cui non è estranea linfluenza cameristica francese coeva. La sua parabola creativa testimonia la ricerca instancabile di una purezza espressiva specchio di un anelito spirituale, e gli esiti sono, nellesiguità di una produzione improntata da rigorosissimo senso autocritico, sempre altissimi.